L’ illegittimo esercizio, da parte del locatore, della facoltà di diniego del rinnovo del contratto e la conseguente tutela del conduttore

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In tema di diritto delle locazioni, materia da sempre oggetto delle attività del nostro
studio, una questione di primaria importanza è rivestita dall’esercizio della disdetta da
parte del locatore.
In primo luogo, occorre specificare che le locazioni sono oggetto di una disciplina speciale
prevista dalla Legge n. 1998, n. 431 del 9 dicembre 1998 (rubricata “Disciplina delle
locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”) e dalla Legge n. 392/ 1978
(rubricato “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”).
La normativa prevede che nei casi di tacito rinnovo del contratto di locazione, il locatore
possa, alla prima scadenza, avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del
contratto.
Tuttavia, tale facoltà è esercitabile solo in presenza dei casi tassativi indicati dalla
legge, contenuti all’art. 3 della Legge 431 del 1998 (relativo agli immobili urbani adibiti ad
uso abitativo) e all’art. 29 della Legge 392 del 1978 (relativo agli immobili urbani adibiti ad
uso diverso da quello di abitazione).
In questi casi il locatore può, attraverso la disdetta, comunicare la sua volontà al
conduttore sei mesi prima della scadenza contrattuale.
Inoltre, il diniego deve essere debitamente motivato ed individuabile: a tal fine occorre
inserirlo nella lettera di disdetta, corroborandolo dal riferimento normativo.
A controbilanciare la facoltà di diniego del locatore, la legge prevede anche la tutela per
il conduttore nei casi di esercizio illegittimo della disdetta.
Si configura un esercizio illegittimo della disdetta nel caso in cui il locatore abbia
riacquistato, anche tramite procedura giudiziaria, la disponibilità dell’alloggio e non lo
adibisca nel termine – di dodici mesi nel caso di immobili urbani adibiti ad abitazione/ sei
mesi nel caso di immobili urbani adibiti ad uso diverso dalla abitazione – che decorre dalla
data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di
disdetta. In questo caso il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di
locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al
risarcimento del danno.
Le norme di riferimento sono l’articolo 31 della Legge n. 392 del 1978 per gli immobili
urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione e l’articolo art. 3 co. 3 e co. 5 della
Legge n. 431 del 1998 per gli immobili adibiti ad uso abitativo.
Inoltre, al fine di scongiurare azioni pretestuose, solo in caso di ripristino del rapporto, può
essere riconosciuto al conduttore il diritto al rimborso delle spese di trasporto e degli altri
oneri sopportati.
Al riguardo si è recentemente pronunciata in tema di locazioni ad uso commerciale la
giurisprudenza di legittimità con ordinanza n. 23269/2022, con la quale essa ha chiarito
che il conduttore non ha l’onere di provare il danno subito, perché esso si ritiene
presunto, in quanto comunque connesso all’anticipata restituzione dell’immobile.
Al riguardo, la pronuncia in commento, specifica che la natura del danno – derivante

dall’esercizio illegittimo della disdetta da parte del locatore – è sia risarcitoria, sia
sanzionatoria, e questa particolarità si riverbera sui criteri di quantificazione del danno.
In questo caso, quindi, il contemperamento tra il fine sanzionatorio e quello risarcitorio
può ritenersi realizzato proprio mediante la presunzione di sussistenza del danno
comunque connesso all’anticipata restituzione dell’immobile. Resta inteso che,
come chiarisce l’ordinanza richiamata, in caso di mancata prova da parte del conduttore il
danno sarà liquidato in via equitativa dal giudice adito.
L’importanza di questa sentenza si comprende se si pensa al precedente orientamento
della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la tipologia del risarcimento non
derogherebbe alla disciplina generale che pone in capo al danneggiato l’onere di provare il
danno patito.
Pertanto, attraverso la pronuncia in oggetto, la Suprema Corte ha affermato la
presunzione della sussistenza del danno in capo al conduttore, pur facendo salva,
per il locatore, la possibilità di superare tale presunzione provando l’assenza di
conseguenze pregiudizievoli nel caso concreto per l’attore.
In applicazione del principio della presunzione del danno in capo al conduttore comunque
connesso all’anticipata restituzione dell’immobile, la Suprema Corte ha cassato con rinvio
la sentenza di appello che aveva onerato il conduttore di provare che dopo la disdetta del
locatore era stato costretto a locare un immobile più ampio, stante il lungo periodo
temporale di circa tre anni per cercare un nuovo locale commerciale (Cassa con rinvio,
Corte d’Appello Palermo, 20.03.2018).
Massima:
“In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione,
l’obbligo in capo al locatore, che abbia ricevuto la riconsegna dell’immobile e non lo abbia
adibito, entro sei mesi, all’uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di
risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e sanzionatoria, che si
riverbera sui criteri di quantificazione del danno: il contemperamento tra il fine
sanzionatorio e quello propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la
presunzione di sussistenza del danno comunque connesso all’anticipata restituzione
dell’immobile, che il giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle
caratteristiche del caso concreto in difetto di prova della sua precisa entità da parte del
conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la presunzione suddetta
provando l’assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore”. (Cass. civ., Sez. III,
Ordinanza, 26.07. 2022, n. 23269 (rv. 665459-01).

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