La locazione turistica tra legislazione civile e legislazione regionale

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TRATTO DA: www.hospitality-news.it

La locazione turistica non è una materia nuova, ma semplicemente una materia di cui si è iniziato a parlare solo negli ultimi anni. Con il contributo del Notaio Fabio Diaferia, Presidente dell’Associazione Pro.Loca.Tur.  – che riunisce i proprietari degli alloggi dati in locazione turistica – riepiloghiamo le principali norme e leggi che la regolano e facciamo una riflessione sulle competenze nazionali e regionali che la riguardano sulla base della recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto del 12 settembre 2016 e delle leggi regionali in vigore o in esame.

La locazione turistica è conosciuta dal nostro ordinamento civile per lo meno dal 1998, anno in cui lalegge n. 431 del 9 dicembre 1998, nel disciplinare la locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, ha altresì stabilito quali articoli della legge stessa fossero applicabili anche agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche e quali articoli, invece, non dovessero trovare applicazione relativamente a detti alloggi.

Anche il Codice del Turismo (D.Lgs. 23 maggio 2011 n.79) si è occupato di locazione turistica dedicando il Capo II alle Locazioni Turistiche e stabilendo (art. 53) che: “Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione.”

Dunque, per il combinato disposto dell’art. 1 della legge 431/1998 e dell’art. 53 del D.Lgs. 79/2011 alcontratto di locazione di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche si applicano le disposizioni del codice civile e quindi gli articoli 1571 e seguenti c.c.

Che il contratto di locazione ad uso abitativo potesse essere utilizzato non solo per la durata di anni 4+4, ma anche per durate brevi o brevissime è stato considerato anche dal legislatore fiscale che, sempre a partire dal 1998, ha stabilito che i contratti di locazione e di affitto di immobili, se di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno, non fossero soggetti a registrazione in termine fisso, ma solo in caso d’uso (art. 2bis della Tariffa parte II allegata al D.Lgs. 26 aprile 1986, n. 131 – Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro).

Il legislatore, pur prevendo espressamente la fattispecie del contratto di locazione di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche (art. 53), non ha tuttavia stabilito che cosa dovesse intendersi per “finalità turistica”. A tal fine può sopperire la definizione di “turismo” data dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO) secondo cui: “Il turismo è l’insieme delle attività realizzate dalle persone durante i loro viaggi e soggiorni in luoghi diversi da quello di residenza, per un periodo di tempo che va da almeno due giorni (minimo un pernottamento) a un anno, a scopo di vacanza, lavoro o altri motivi”. Per esserci turismo devono, quindi, coesistere due condizioni fondamentali: che vi sia uno spostamento verso un luogo diverso dalla propria abituale residenza e che nell’insieme delle attività realizzate nella destinazione sia compreso per lo meno un pernottamento. Questa definizione comporta che i flussi generati dai cosiddetti “turisti di giornata” non sono considerati flussi turistici, mentre rientrano nel concetto di turismo anche gli spostamenti per motivi di lavoro (turismo d’affari) purché prevedano il pernottamento.

Dunque, perché si possa parlare di locazioni ad uso abitativo per finalità turistiche è necessario che l’inquilino prenda in affitto un alloggio in un luogo diverso da quello di residenza per un periodo di tempo che comporti almeno un pernottamento, per scopo di vacanza, lavoro o altro motivo, per poi fare ritorno al luogo della propria residenza o recarsi in altro luogo.

Fino a pochi anni fa, tuttavia, la locazione turistica ad uso abitativo per finalità turistiche è stata tradizionalmente utilizzata soprattutto per la cosiddetta “locazione stagionale” cioè per la locazione di alloggi in località di villeggiatura per tutta o parte della stagione estiva o invernale. Solo recentemente, grazie agli strumenti offerti dalla rete e quindi all’avvento di portali quali Airbnb, Homeaway o Booking.com e alla fiducia ingenerata dal sistema delle recensioni, molti proprietari hanno trovato il coraggio di aprire le porte delle proprie case ad inquilini sconosciuti e spesso stranieri e, viceversa, molti turisti hanno iniziato a fidarsi della possibilità di prendere in locazione un alloggio da uno sconosciuto anche solo per pochi giorni. Nell’ambito della locazione turistica si è dunque iniziato a distinguere, in base alla durata del contratto, tra “locazione breve” e “locazione stagionale”.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, è stata introdotta nel nostro ordinamento una ripartizione di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni in base alla quale:

* lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile;

* le Regioni hanno potestà legislativa esclusiva in ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato e, quindi, anche in materia di turismo.

Sebbene la ripartizione delle competenze sia assolutamente chiara, non tutti i legislatori regionali sembrano averla compresa correttamente. Dicendo che la materia dell’ordinamento civile è di competenza esclusiva del legislatore statale e la materia del turismo è di competenza esclusiva del legislatore regionale, il legislatore costituzionale del 2001 ha stabilito che la disciplina dei singoli contratti e quindi anche del contratto di locazione è di competenza dello Stato. E così pure, che è di competenza esclusiva dello Stato lo stabilire quando un soggetto possa essere consideratoimprenditore (art. 2082 c.c.), quando un insieme di beni possa essere considerato un’azienda (art. 2555 c.c.) e, quindi, quando l’attività economica esercitata da un determinato soggetto possa essere considerata una attività di impresa.

Nel rispetto di questi principi, alcuni legislatori regionali hanno distinto chiaramente le strutture ricettive denominate case e appartamenti per vacanze (CAV) dagli alloggi che i rispettivi proprietari o usufruttuari danno in locazione esclusivamente per finalità turistiche, ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, stabilendo che, laddove la locazione non sia organizzata in forma di impresa, i proprietari e gli usufruttuari siano tenuti semplicemente a comunicare al Comune nel quale gli alloggi sono situati: il periodo durante il quale gli alloggi vengono locati, il numero di camere e di posti letto di ciascun alloggio, gli arrivi e le presenze turistiche suddivise per provenienza geografica (si vedano, ad esempio, l’art. 27 bis della Legge Regione Veneto n. 11 del 14 giugno 2013 e lart. 12 della Legge Regione Emilia Romagna n. 16 del 28 luglio 2014).

Questa è una impostazione corretta in quanto il legislatore regionale non spingendosi fino al punto di stabilire quando la mera locazione di un appartamento debba ritenersi organizzata in forma di impresa, si rimette alle definizioni e alle nozioni date dall’ordinamento civile e dunque dal legislatore statale.

Altri legislatori regionali, invece, si sono spinti un pò oltre i suddetti limiti ed hanno stabilito criteri in base ai quali la locazione di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche debba ritenersi una attività ricettiva di carattere imprenditoriale da ricomprendere, eventualmente, nell’ambito delle attività ricettive denominate case e appartamenti per vacanza (CAV). Qualche legislatore regionale ha fatto riferimento al numero degli alloggi dati in locazione dallo stesso proprietario o dallo stesso usufruttuario nell’ambito del territorio di uno stesso Comune, qualcun altro ha fatto riferimento alla durata dei singoli contratti di locazione.

La sentenza del TAR Veneto del 12 settembre 2016

Recentemente sull’argomento è intervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto che, con una sentenza pubblicata il 12 settembre 2016, ha stabilito che: solo se un soggetto è considerato imprenditore dall’articolo 2082 c.c. può, poi, essere considerato “imprenditore turistico” dal legislatore regionale. Questo principio naturalmente può trovare applicazione anche con riferimento alla “azienda” sicché si può affermare che: solo se un insieme di beni organizzati da un imprenditore per l’esercizio di una impresa è considerato “azienda” dall’art. 2055 c.c., può, poi, essere considerato “azienda turistica” dal legislatore regionale.

La sentenza aveva ad oggetto l’attività di Bed&Breakfast ma i principi stabiliti dai giudici amministrativi del Veneto possono e debbono trovare applicazione, a maggior ragione, anche alla mera locazione di alloggi ad uso abitativo per finalità turistiche che, laddove non sia caratterizzata dagli elementi dei cui all’art. 2082 c.c. (e quindi dall’elemento della professionalità e dall’elemento della organizzazione), rappresenta uno dei modi con cui il proprietario esercita il proprio diritto di godere e di disporre dell’alloggio in modo pieno ed esclusivo (art. 832 del c.c.).

Il legislatore regionale non può, quindi, presumere che in funzione del numero di alloggi dati in locazione, della loro ubicazione sul territorio o della durata dei contratti, un proprietario (o un usufruttuario) che danno in locazione turistica detti alloggi sia da considerare un imprenditore, dovendosi invece accertare caso per caso, se, in base a quanto stabilito dall’ordinamento civile, sussistano gli elementi per attribuire ad un proprietario o ad un usufruttuario la qualifica di imprenditore e ai contratti di locazione conclusi da quest’ultimo la qualifica di attività imprenditoriale.

Come statuito dal TAR Veneto , qualora una legge regionale contenesse una presunzione di imprenditorialità per coloro che esercitano una attività ricettiva, quella legge non si sottrarrebbe alla censura di incostituzionalità.

Le leggi regionali (Toscana e Lombardia)

Alla luce di quanto stabilito dai giudici amministrativi, vanno allora ripensate molte leggi regionali già in vigore e altre in corso di approvazione, iniziando dalla legge Regione Lombardia n. 27 del 1 ottobre 2015 e dalla proposta di legge approvata dalla Giunta di Regione Toscana il 13 ottobre 2016 e attualmente all’esame del Consiglio Regionale.

La legge Regione Lombardia n. 27/2015 non distingue tra case e appartamenti per vacanze e alloggi dati in locazione turistica, limitandosi a disciplinare le case e appartamenti per vacanza che vengono definite (art. 26) come: strutture ricettive gestite in modo unitario e organizzate per fornire alloggio e eventualmente servizi complementari, in unità abitative, o parti di esse, con destinazione residenziale, composte da uno o più locali arredati e dotati di servizi igienici e di cucina e collocate in un unico complesso o in più complessi immobiliari. La legge prevede, poi, che le case e appartamenti per vacanze possano essere gestite in forma imprenditoriale oppure in forma non imprenditoriale da coloro che abbiano la disponibilità fino a un massimo di tre unità abitative e svolgano l’attività in modo occasionale.

Anche nella legge Regione Lombardia n. 27/2015 sembra dunque esserci un’invasione del camporiservato al legislatore statale. Dicendo, infatti, che le CAV possono essere gestite in forma non imprenditoriale da chi abbia la disponibilità fino ad un massimo di tre unità abitative, il legislatore regionale finisce per introdurre proprio quella presunzione di imprenditorialità e, in questo caso, anche di “non imprenditorialità”, basata sul numero delle unità gestite (oltre che sulla occasionalità della gestione), che sembra non lasciare spazio ad un accertamento caso per caso, come stabilito dalla sentenza del TAR Veneto.

A ciò si aggiunga che la Direzione Generale dello Sviluppo Economico di Regione Lombardia ha ripetutamente affermato che, proprio in virtù del fatto che la legge Regione Lombardia n. 27/2015 non distingue tra case e appartamenti per vacanze e alloggi dati in locazione turistica, questi ultimi devono ritenersi compresi nelle CAV con la conseguenza che la presunzione di imprenditorialità e di non imprenditorialità dovrebbe valere anche per i proprietari e gli usufruttuari che danno in locazione turistica i propri alloggi.

Nella proposta di legge approvata dalla Giunta di Regione Toscana il 13 ottobre 2016 e attualmente all’esame del Consiglio Regionale si legge invece (art. 71) che: “i proprietari e gli usufruttuari che danno in locazione anche un solo alloggio per finalità turistiche, senza la fornitura dei servizi accessori o complementari propri delle strutture ricettive extra-alberghiere, con contratti che, nel corso dell’anno solare, abbiano in prevalenza durata singola inferiore a sette giorni e complessiva superiore a novanta giorni, gestiscono i predetti alloggi in forma imprenditoriale.

In questo caso la presunzione di imprenditorialità è ancora più evidente e grave, essendo riferibile anche al proprietario o all’usufruttuario che dia in locazione turistica anche un solo alloggio.

Occorrerebbe a questo punto domandarsi per quale motivo il legislatore regionale ambisca a disciplinare non solo la materia del turismo ma anche quella del diritto di proprietà pretendendo, al posto del legislatore nazionale, di stabilire, in forza di presunzioni, quando l’esercizio del diritto di proprietà per il tramite della stipulazione di contratti di locazione, trasformi il proprietario in un imprenditore. Ma ci sarà tempo e occasione per ritornare su questo argomento.

 

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