La burocrazia è anche stupida

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Nei suoi due romanzi postumi, Il processo (1925) e Il castello (1926), Franz Kafka ha nar­rato metaforicamente l’incessante e sfibrante lotta tra la burocrazia e il cittadino. Che è anche la lotta tra l’in­telligenza militare o meccanica, da un lato, e l’intelli­genza umana o intuitiva, dall’altro: cioè, tra la macchina che pretende di meccanizzare l’uomo, e l’uomo che non dispera di umanizzare la macchina.La burocrazia si manifesta anzitutto nell’ossessiva ri­chiesta di dati personali, a partire da «cognome e nome, data e luogo di nascita, codice fiscale»: evidentemente, nessuno degli stupidi ingranaggi militari della macchina si è mai accorto che l’ultimo dato codifica anche i primi quattro. Lo stesso succede per l’IBAN, spesso richiesto insieme ad altre informazioni da esso codificate, come i dati della banca e della filiale.

I luoghi pubblici, reali o virtuali, sono ormai tutti presidiati da ottuse sentinelle che pretendono costan­temente le più svariate parole d’ordine: documenti, nu­meri di telefono, indirizzi fisici o elettronici, passwords, codici di accesso. Il tutto, naturalmente, all’insegna della stupida e inesistente privacy. Ma ciò solo negli orari di apertura, scelti kafkianamente in modo da coincidere con i tempi di lavoro delle persone normali (Piergiorgio Odifreddi – Dizionario della stupidità).

Tratto da A.N.A.I.