Faro e guida della politica deve essere la “nostra” Costituzione

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L’attuale Ministro dell’Interno annuncia azioni a difesa della proprietà e per tale ragione annuncia che sono imminenti gli sgomberi di interi palazzi occupati senza titolo.
E’ necessario partire dal dettato Costituzionale per comprendere vi è disciplinata la proprietà.
Orbene l’art. 42 recita: “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
E’ utile chiarire al fine di prevenire pretestuose eccezioni che non si sta parlando della piccola proprietà privata che esaurisce la sua funzione nel soddisfacimento del dei bisogni individuali del singolo, ma della grande proprietà privata produttiva di molteplici utilità sociali.
Tralasciando in questa sede la distinzione tra proprietà pubblica e privata (rimandando sul tema a quanto scritto da Paolo Maddalena, il territorio bene comune degli italiani, Donzelli, Roma, 2014), soffermiamoci su quanto statuito in tema di proprietà privata, ovverosia: “…è riconosciuta e garantita dalla legge…allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.”
Che fosse necessario dare contenuto pratico alla “funzione sociale” lo aveva sostenuto con forza Stefano Rodotà sancendo che “il fondamento dell’attribuzione dei poteri al proprietario” da incondizionato è diventato condizionato .
Dalla interpretazione letterale della norma si evince in modo in modo chiaro ed ineludibile che la previsione della “funzione sociale della proprietà” impone degli obblighi al proprietario il quale non può disporre dei suoi beni a proprio esclusivo piacimento, ma deve agire in modo da assicurare che da questi derivi una qualche utilità anche a tutti gli altri concittadini.
Da quanto sopra emerge che l’art. 42 della Costituzione, nella sua interpretazione letterale, riconosce la proprietà privata e la garantisce e tutela fintantoché assicuri la funzione sociale e la sua accessibilità a tutti.
Possiamo affermare senza timore di essere smentiti che così non è per i nostri governanti, i quali hanno violato costantemente il dettato costituzionale.
In primis dobbiamo menzionare l’art. 5 della legge 80 del 2014 che recita: “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento ai pubblici servizi…”: a parte la forma (l’abuso non può esistere “con titolo”!) la norma introduce quindi un “titolo” abilitativo prima inesistente e trasforma la “residenza” da situazione di fatto da dichiarare all’Anagrafe in fattispecie giuridica della quale fare “richiesta” all’Autorità.
La violazione dei diritti costituzionali consiste nell’aver trasformato un diritto soggettivo perfetto – e come tale incomprimibile – in una sorta di legittima aspettativa, assai simile all’aspirazione ad una civitas romana, traguardo ambito ma non sempre raggiunto dai barbari sottomessi.
I dirimenti contrasti costituzionali di tale norma sono davvero molteplici e non essendo possibile trascriverli in questa sede, si rimanda a quanto già detto sul tema. Per tale ragione ATTUARE LA COSTITUZIONE APS ha impugnato tale provvedimento presso l’Autorità Giudiziaria ordinaria per chiederne la sua disapplicazione e per sollevare la questione di legittimità costituzionale.
Sullo stessa errata interpretazione di legge si basa l’azione di sgombero generalizzato preannunciata dal Ministro degli Interni.
La Costituzione statuisce in maniera chiara che non c’è nessun interesse da tutelare rispetto al privato che lascia in stato di abbandono le sue proprietà, causando magari gravi danni per la collettività derivanti dalla pericolosità degli stabili stessi se vuoti e abbandonati, di conseguenza, se la proprietà privata non persegue la funzione sociale, l’effetto è che vien meno la sua stessa tutela giuridica, essendo questa condizionata a quella.
Aggiungasi che tali azioni appaiono ancora più illegittime ove parametrate alla totale assenza di una politica governativa in tema di diritto all’abitare, che porterebbe le famiglie sfrattate, in assenza di altra soluzione, a dover vivere in mezzo alla strada e senza un tetto.
Non può in alcun modo essere considerata una soluzione politica quella che consente di mantenere stabili vuoti ed in stato di abbandono e al tempo stesso migliaia di famiglie, aventi diritto ad un alloggio popolare e iscritte nelle liste di assegnazione da numerosi anni, per strada senza che venga fornita o almeno prospettata alcuna soluzione.

Foto di Stefano Sbrulli