CASSAZIONE – APPLICAZIONE DELLE NUOVE REGOLE PER L’ASSEGNO DIVORZILE Cassazione Sentenze n. 2480 del 29 gennaio 2019 e n. 1118 del 23 aprile 2019. La Cassazione applica i nuovi parametri per l’assegnazione e la determinazione dell’assegno divorzile

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Dopo l’arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la Sent. n.  18287 dell’11 luglio 2018, che ha ridefinito i criteri di assegnazione e di determinazione dell’assegno divorzile, ecco le prime Sentenze della Suprema Corte alla luce della nuova interpretazione dell’art. ex art. 5 comma 6 della L. 898/1970.

Fatto

Con le pronunce n. 2480 del 29 gennaio 2019, n. 1118 del 23 aprile 2019 la Corte di Cassazione si è soffermata sull’applicazione dei nuovi criteri ermeneutici per il calcolo in concreto dell’assegno divorzile.

In entrambi i casi la Suprema Corte è stata adìta con l’impugnazione delle sentenze della Corte di Appello che aveva sancito il diritto della ex coniuge all’assegno divorzile sulla base della interpretazione della disciplina precedente all’intervento delle Sezioni Unite.

Diritto

Come già evidenziato nel nostro commento (https://studiolegalelibutti.com/2019/05/02/cassazione-assegno-divorzile-le-nuove-regole-cassazione-sezioni-unite-11-luglio-2018-n-18287-la-cassazione-rivede-i-parametri-per-lassegnazione-e-la-determinazi/) con la Sentenza n.  18287 dell’11 luglio 2018 le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno posto fine ad un annoso contrasto insorto in giurisprudenza sulla determinazione dell’an e del quantum dell’assegno divorzile (Sent. Cassazione Sezioni Unite 11490 del 1990; v. contra Sent. Cassazione 11504 del 2017) e aveva associato la funzione perequativa-compensativa alla tradizionale funzione assistenziale attribuita all’assegno divorzile.

In applicazione del suddetto principio, con le pronunce n. 2480 del 29 gennaio 2019 e n. 1118 del 23 aprile 2019 il Supremo Consesso ha sancito che, al fine di stabilire se ed in quale entità, debba essere riconosciuto l’invocato assegno divorzile, il giudice deve operare nel seguente modo:

  1. deve procedere alla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti;
  2. qualora risulti l’inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o, comunque, l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, deve accertarne rigorosamente le cause alla luce dell’art. 5 L. 898/1970  e, in particolare, se quella sperequazione sia, o meno, la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all’età dello stesso ed alla durata del matrimonio;
  3. deve infine quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, nè al parametro della autosufficienza economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo sopra richiamato.

Le Sentenze in esame sono state, inoltre, l’occasione per la Suprema Corte per chiarire che i nuovi principi ordinatori della materia trovano applicazione in tutti i giudizi pendenti al momento della pubblicazione della Sent. 18287/2018. Pertanto, la Cassazione potrà decidere nel merito sulla base della nuova interpretazione quando non sia necessario l’accertamento di nuovi fatti, diversamente dovrà rinviare ex art. 384 c. 3 c.p.c. al giudice di merito.

Resta invece da vedere come la nuova normativa troverà applicazione nei giudizi di revisione dell’assegno divorzile proposti ex art. 9 L. 898/1970.

   Avv. Giuseppe LIBUTTI                                Dott. Michele TROTTA